25 settembre 2022
“Il Gondoliere” è una canzone tradizionale veneziana divenuta un inno iconico della Curva Sud, una lirica che durante i match allo Stadio Pier Luigi Penzo si accompagna alla cosiddetta “sciarpata”, ovvero quel momento in cui i tifosi librano le proprie sciarpe dispiegandole a braccia aperte verso il cielo mentre cantano. Erano sempre le parole di questa canzone che risuonavano in Piazza San Marco anche la notte del 27 maggio 2021, quando in seguito alla promozione del club in Serie A i tifosi si erano radunati d’innanzi ad una Basilica colorata dal rosso dei fumogeni che brillavano al cospetto dei mosaici stellati della facciata.
“Il Pope”, così viene chiamato in gergo questo coro, è non solo rappresentativo della tifoseria lagunare, ma dell’intera città, questo perché il protagonista del testo è uno dei simboli veneziani per eccellenza, il gondoliere, in dialetto per l’appunto il pope.
L’etimologia di questo sostantivo dialettale deriva dal fatto che il gondoliere governa l’imbarcazione stando a poppa, la parte posteriore dei natanti. Nella voga veneta, in cui i gondolieri sono invece tradizionalmente due, troviamo anche il provier, il quale invece è il vogatore di prua, ovvero la parte anteriore della gondola.
Nella parte centrale del testo troviamo il verso “Pope! Oeh!”, un’espressione che si riferisce ad un’usanza dei naviganti che affollano i canali della città: essa attiene ad un dialogo che intercorre fra un ipotetico interlocutore ed il gondoliere che, nel caso in cui debba svoltare in un rio la cui conformazione non gli consenta di vedere chi vi sia dall’altra parte, si annuncia urlando “Pope!”, questo al fine di rendere edotte eventuali altre imbarcazioni del suo arrivo. Nel momento in cui qualcuno effettivamente si trovasse sulla sua strada, il codice non scritto della navigazione vuole che questi risponda “Oeh!”.
Il termine gondola, o gundula nel caso specifico, si rinviene per la prima in un documento pubblico nel 1094, quando il Doge in carica era Vitale Falier, un sostantivo che si pensa possa derivare dal greco kountelas (in greco medievale κονδοῦρα) cioè barca, oppure dal latino cymbula, che significa barchetta.
In passato la gondola era una della imbarcazioni più utilizzate dai veneziani in virtù del fatto che questa, grazie al suo fondo piatto con un pescaggio minimo, non incontrava difficoltà nel navigare anche nei fondali più bassi. Come possiamo però osservare nell’opera del 1500 di Gentile Bellini “Miracolo della Croce caduta nel canale di San Lorenzo” le gondole appaiono diverse da quelle attuali, più corte nonché prive di quell’asimmetria volta a bilanciare il peso del gondoliere, posizionato sulla destra dell’imbarcazione.
Se ai tempi della Serenissima se ne contavano migliaia nei canali cittadini, oggi per lo più vengono utilizzate o in ambito sportivo, oppure per per la gioia dei turisti che si fanno immortalare nel Canal Grande, e ne ritroviamo presenti in città solamente 440. Quella del gondoliere è infatti tutt’ora una professione regolamentata che prevede il possesso di una licenza e la vittoria di un bando pubblico, così come un tempo la corporazione dei gondolieri era normata da uno statuto, detto Mariègola, tramite cui erano regolati i doveri di tutti gli appartenenti ad essa.
Solamente in alcuni casi la gondola viene tutt’ora utilizzata come un mezzo di trasporto vero e proprio dagli abitanti della città: è questo il caso dei traghetti da parada, ovvero delle gondole che trasportano i passeggeri da una riva all’altra del Canal Grande, e che ad oggi si trovano nella fattispecie a Santa Maria del Giglio, Santa Sofia, Riva del Vin, San Tomà, Dogana, San Samuele, San Marcuola.
Queste, così come le tipiche gondole che rispondono all’immaginario collettivo, sono di colore nero. Se un tempo infatti tali imbarcazioni si rinvenivano dei più variegati colori, molto spesso impreziosite dalle più svariate ed opulente declinazioni dell’oro, a partire dal 1562 la magistratura che ai giorni della Serenissima era incaricata di reprimere i lussi eccessivi, ovvero il Provveditorato alle Pompe, sancì che il colore delle gondole potesse essere esclusivamente il nero. A questo provvedimento ne fecero poi seguito altri aventi la medesima ratio, e che andarono a riguardare sia l’abbigliamento dei pope che portavano le gondole delle famiglie nobili, sia gli ornamenti dell’imbarcazione, che dovevano in entrambi i casi rispondere ad una logica di sobrietà, questo anche per ciò che riguardava il cosiddetto Felze, una versione della gondola che l’establishment veneziano di un tempo utilizzava d’inverno per ripararsi dal freddo e dalle intemperie, e che vedeva nella parte centrale dell’imbarcazione una cabina foderata dalla rassa, dal turco rascia, un tessuto lanoso da cui peraltro prende il nome la calle delle Rasse, dove questo si poteva reperire, e che per l’appunto veniva importato dal regno di Rascia.
In quelli che sono i quattro squeri tutt’oggi in attività, i maestri d'ascia danno vita alle gondole tenendo conto di quelle che sono le caratteristiche fisiche dei gondolieri, e generalmente queste nei loro 10,85 mt di lunghezza per 1,44 di larghezza, si compongono di otto tipologie di legno differenti, le quali vengono lavorate e posizionate nella struttura dell’imbarcazione a seconda delle loro qualità. L’abete è la varietà di legname che ritroviamo nel fondo, mentre il rovere è utilizzato per le fiancate, poi ancora larice, olmo, mogano, corniolo, tiglio e ciliegio.
Altri elementi caratteristici della gondola sono il ferro da prua, altresì detto dolfin o pettine, e la forcola. Il primo, che ritroviamo anche nel nuovo logo del Venezia FC disegnato da Bureau Borsche, consta in un rostro metallico la cui ratio è andare a compensare il peso del gondoliere che è situato a poppa. Questo si compone di sei denti nella sua parte anteriore rappresentanti i sei sestieri di Venezia, ovvero San Marco, San Polo, Cannaregio, Castello, Santa Croce, e Dorsoduro, ed uno ulteriore dalla parte opposta rappresentante l’isola della Giudecca. A completare quella che è una rappresentazione figurativa della mappa della città troviamo poi ulteriori tre elementi decorativi che si rinvengono ad intervallare i denti, e che hanno lo scopo di indicare le isole di Murano, Burano e Torcello.
La forcola è per finire, un altro elemento citato nel testo del Pope che in una sua strofa recita “se el remo in forcòla sigòa, coverze el scìoco dei basi”. Letteralmente sta a significare che il rumore del remo che si muove all’interno della forcola, copre quello dei baci fra due ipotetici amanti che il gondoliere sta trasportando nella “notte piena di stelle” della laguna. La forcola, posizionata sulla parte destra dell’imbarcazione, è infatti lo scalmo, ovvero l’appoggio del che serve al remo per poter manovrare la gondola, e che generalmente viene realizzata in noce, anch’essa sulla base della corporatura del gondoliere.
“Il Gondoliere”
Pope! Oeh! Pope! Oeh!
Gondola, gondola, oeh!
Notte de luna,
notte piena de stele,
vogo in laguna, vogo
e vogio cantar.
Mi son el gondolier
che in gondola te ninòa,
se el remo in forcòla sigòa,
coverze el scìoco dei basi.
Mi son el gondolier
che ancora in mar ve dondola,
no ste a curarve de mì,
mi fasso andar la gondola.
Oh, oh, oh oh!
Pope! Oeh! Pope! Oeh!
Gondola, gondola, oeh!
Oh, oh, oh oh!
El vento passa e ‘l sol
già spunta a levante,
torno in cavana e vogo
e vogio cantar.
Mi son el gondolier
che in gondola te ninòa,
se el remo in forcòla sigòa,
coverze el scìoco dei basi.
Mi son el gondolier
che ancora in mar ve dondola,
no ste a curarve de mì,
mi fasso andar a gondola.
Pope! Oeh! Pope! Oeh!
Gondola, gondola, oeh!